Arte & Archeologia

Le Case delle Fate

Le Case delle Fate. Uno dei personaggi più famosi e popolari delle leggende popolari sarde sono le piccole fate janas che filano fili d’oro su una rocca. In alcune regioni dell’isola, sono belle creature fragili che non escono dal nascondiglio durante il giorno per paura degli umani, in altre regioni sono creature traditrici e malvagie che fanno del male e rapiscono i bambini di notte. Comunque siano, vivono sempre in piccole dimore di pietra, che hanno preso il loro nome da loro, le Domus de janas.

La funzione di queste stanze scavate nella pietra è in realtà molto più prosaica. Sono tombe preistoriche risalenti al 3000 a.C. e le più antiche testimonianze sopravvissute della vita sull’isola. Ne sono state scoperte oltre 3.500 finora, ma si stima che ce ne siano molte di più. Variano in dimensioni e possono avere una camera, stanze interconnesse o formare estese necropoli con decine di tombe. Tra le più importanti ci sono il cimitero di Montessu nel sud dell’isola con 35 domus, Anghelu Ruju vicino all’aeroporto di Alghero con 38 tombe, S’Incantu nelle vicinanze con decorazioni eccezionalmente ben conservate e Sant’Andrea Priu con la camera funeraria principale di 250 m2, vicino alla città di Bonorva. Quest’ultima, come molte altre, fu riutilizzata in epoca romana e bizantina.

Con lo sviluppo della civiltà, i rituali funerari cambiarono gradualmente. Il fatto che le persone percepissero la morte come una transizione da una fase all’altra è evidente dagli oggetti sepolti insieme ai defunti, tra i quali erano comuni coltelli di ossidiana, statuette in bronzo, amuleti di pietra e, secondo alcuni, anche cibo. Le decorazioni assomigliavano a quelle delle vere abitazioni, in modo che il defunto si sentisse il più possibile “a casa”. Le decorazioni includevano spesso spirali incise, teste di toro, corna, cerchi e porte finte, che simboleggiano la partenza dal mondo terreno.

Può sembrare incredibile, ma le tombe stesse erano scavate nella roccia con una pietra diversa e più dura. La posizione sotto la superficie simboleggiava la fusione del corpo con la madre terra e la fine del ciclo di vita. Dopo la morte, i corpi venivano trasferiti nelle camere preparate e spalmati con vernice ocra, così come le porte finte, per rendere la trasformazione il più fluida possibile. Esistono anche tombe molto più piccole di epoche successive, dove un corpo umano difficilmente potrebbe entrare. Una di esse si trova, ad esempio, sotto la famosa Roccia dell’Elefante nei pressi di Castelsardo. Tutto fa pensare che dopo la morte, prima di seppellire, i corpi fossero depositati ai margini degli insediamenti abitati, dove venivano essiccati dal sole, privati di muscoli e carne, e poi solo le ossa venivano trasferite nei buchi di pietra. Gli oggetti trovati nelle tombe hanno un valore informativo incalcolabile e aiutano a svelare le abitudini, le attività quotidiane e lo stile di vita delle persone che hanno vissuto sull’isola nel corso dei millenni.

È possibile ammirarli in uno dei musei archeologici. Tra i più importanti ci sono il Museo Archeologico Nazionale di Cagliari, il Museo Nazionale di Giovanni Antonio Sanna a Sassari e il Museo Nazionale di Giorgio Asproni a Nuoro. Tuttavia, è possibile trovare anche impressionanti collezioni in musei regionali più piccoli in tutta l’isola.