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Artigianato Sardo

La produzione di ceramica in Sardegna ha una ricca storia che affonda le radici nell’età prenuragica. Insieme a molti esemplari conservati risalenti all’epoca punica e romana, i manufatti ceramici sono esposti nei musei archeologici. Gli spagnoli hanno contribuito alla conservazione delle forme e dei modelli antichi, vietando nel 1692 la produzione di forme diverse da quelle utilizzate fino ad allora. Questo divieto ha probabilmente spinto gli artigiani a esprimersi ulteriormente attraverso le decorazioni. Sono famosi i recipienti con due manici di Oristano, decorati con angeli e altre figure, così come quelli di Dorgali a forma di gallina. Anfore di Siniscola e Assemini sono anch’esse rinomate, quest’ultima essendo la seconda scuola ceramica più grande dell’isola dopo Oristano, e tradizionalmente regalate alle spose. Altri importanti centri per la produzione di utensili quotidiani includono Cagliari, Cabras, Villaputzu e Sassari. Si realizza una vasta gamma di utensili per varie attività: grandi lavabi per far lievitare l’impasto o macerare le olive, caraffe per acqua, vino e olio, bicchieri, pentole e teglie, tazze e piattini. Attualmente, la maggior parte della ceramica ha carattere decorativo, ispirata a tecniche tradizionali e colorata con varie tonalità.

Un’altra attività artigianale diffusa sull’isola è la lavorazione e la tessitura del vimini. La Sardegna è ricca di asfodelo, rafia, paglia, giunchi, palme nane e canne. Nel sud dell’isola, in particolare nelle zone di Campidano, Maracalagonis, Sinnai e a ovest di San Vero Millis, si lavora principalmente con paglia di grano e giunco, creando un intreccio che viene poi avvolto in spirali (una delle tecniche più tipiche). Queste spirali sono successivamente decorate con cotone rosso e nero o damasco. Nella regione storica di Planargia, soprattutto nei comuni di Flussio e Tinnura, e nei comuni di Olzai e Ollolai nella Barbagia, si utilizza l’asfodelo. Dopo essere stato essiccato, l’asfodelo viene tagliato a strisce, più scuro all’esterno e più chiaro all’interno, creando un elegante contrasto nei cesti. Nelle città di Castelsardo, Tergu, Sorso e Sennori, la palma nana veniva tradizionalmente utilizzata per intrecciare i cesti, ma attualmente è quasi completamente sostituita dalla rafia, proveniente dalla palma indiana. Similmente alla ceramica, anche i prodotti intrecciati hanno molteplici utilizzi, come la realizzazione di ceste di varie profondità, dimensioni e larghezze per conservare pane, pasta o dolci. Le ceste profonde venivano tradizionalmente usate per trasportare la biancheria, il cotone o i giornali, mentre le ceste basse trovavano impiego nella maturazione dei formaggi e in altre attività quotidiane dei pastori. Una categoria particolare è rappresentata dai cesti di vimini, tradizionalmente intrecciati dagli uomini a causa della maggiore forza necessaria per piegarli. Questi cesti venivano utilizzati per trasportare olive e verdure. Sulle coste occidentali dell’isola, specialmente nella regione di Oristano, ricca di lagune costiere e quindi di canne utili, i prodotti intrecciati sono spesso decorati con bicchieri e anfore per il vino, portafoto, lampade o sottopiatti.

Con lo sviluppo dell’equitazione in Sardegna, si è sviluppato anche il settore della conciatura e della pellicceria. La produzione è principalmente focalizzata sugli accessori per i cavalli, con un centro principale a Santu Lussurgiu, nella parte occidentale dell’isola. Nell’entroterra, nella storica regione della Barbagia, c’è una forte tradizione nella produzione di attrezzature da caccia, come cinture, fondine, cinghie e zaini di alta qualità. La pellicceria è stata a lungo vista come una modesta attività artigianale, legata alle esigenze dei pastori e degli agricoltori. In alcuni centri come Oliena, Bitti, Santu Lussurgiu, Tonara e Teulada, la pellicceria è stata considerata un’arte, e dalla pelle di pecora o capra sono stati realizzati oggetti decorativi, tappeti o persino abbigliamento. A Dorgali, c’è una tradizione nella produzione di cinture, portafogli e borse di alta qualità che combinano tecniche e motivi tradizionali con uno stile moderno, diventando popolari souvenir per i turisti. Lo stesso sviluppo si osserva anche nella produzione di oggetti di sughero, che si è adattata alle moderne richieste dei consumatori. Gli oggetti tradizionali di sughero sono comuni soprattutto nella regione di Gallura, con centri a Tempio Pausania, Aggius, Luras, Calangianus e piccoli centri intorno a Olbia. Oltre ai tappi di sughero, che costituiscono fino al 90% della produzione italiana, la corteccia stessa è spesso utilizzata come vassoio per carne, dolci o antipasti e trova impiego anche nella produzione di mobili unici in combinazione con le canne.

Un altro settore significativo dell’isola è la scultura, che ha una lunga tradizione soprattutto nelle aree rurali. Nei periodi in cui i pastori non potevano dedicarsi completamente alla loro attività principale a causa delle condizioni meteorologiche, si sono dedicati alla lavorazione del materiale più vicino a loro: il legno. Le abitazioni dei pastori erano generalmente semplici, con pochi pezzi di mobili. Un’eccezione era la cassapanca familiare, solitamente posizionata in camera da letto accanto al letto, considerata il pezzo più prezioso e finemente decorata. Legni duri come castagno, quercia o noce erano spesso utilizzati per creare pezzi di mobili più grandi, mentre legni più morbidi come ciliegio, acero, pero o ulivo venivano utilizzati per la produzione di oggetti decorativi più piccoli e utensili da cucina. Ad Ottana, Mamoiada e Orotelli è possibile ammirare l’arte della scultura attraverso le maschere di carnevale, che sono parte integrante dei costumi di Boes e Merdules, Mamuthones e Su Bundu. Un altro settore interessante è la produzione di strumenti musicali, dove lo strumento a fiato sardo antico Launeddas, realizzato con canne di fiume, è uno dei più significativi.

Le statue in bronzo ritrovate nei nuraghe in pietra e nelle tombe delle domus de janas dimostrano che gli abitanti della Sardegna erano consapevoli delle ricchezze minerarie dell’isola già in epoca preistorica. Anche se nel corso dei secoli le tecniche di produzione e l’utilizzo degli oggetti sono cambiate, l’artigianato sopravvive ancora oggi nei grandi centri. Utensili in ferro, balconi e grate decorati, massicci telai per letti e attrezzi da camino vengono prodotti a Cagliari, Sestu, Pula, Sassari, Alghero, Tempio Pausania, Nuoro e Dorgali. La famosa produzione di coltelli in ottone a Pattada e campane per mucche a Tonara, che sono parte integrante della maschera del Carnevale Mamuthone a Mamoiada. Santu Lussurgiu è un rinomato centro per la produzione di attrezzature equestri e, oltre ai prodotti di pelle di alta qualità, offre anche quelli metallici, come staffe, speroni, finimenti e ferri di cavallo. I gioielli sardi, realizzati principalmente in oro o argento, emanano lusso, ricchezza e protezione dal male. La tecnica di produzione più diffusa è il filigrano, che si divide in due categorie: “diurna”, dove i singoli componenti del gioiello vengono realizzati e uniti arrotolando il filo, e “notturna”, dove spirali e altri motivi geometrici vengono saldati su un supporto impermeabile. La tecnica “notturna” è quella più utilizzata. Gli orecchini a spirale, gli anelli, i bottoni decorati, le collane e i pendenti sono tra i pezzi preferiti. I pendenti d’argento e d’oro sui polsini dell’avambraccio, chiamati Sa Buttonera, sono una parte imprescindibile dei tradizionali costumi femminili e facevano parte della dote che la sposa riceveva dallo sposo. Brocche tradizionali, che decorano foulard per la testa, petto e collane, sono anche accessori popolari.

In passato, la produzione di gioielli con corallo marino era diffusa in tutto il Mediterraneo, come dimostrano i reperti archeologici provenienti dall’Antico Egitto e da Roma. Anche in Sardegna, soprattutto nella parte nord-ovest dell’isola, nelle città di Alghero, Bosa e Cuglieri, dove abbondavano i coralli rossi del tipo corallium rubrum. Questa zona è ora chiamata la Riviera del Corallo. Tuttavia, la raccolta di corallo è ora regolamentata da quote a causa della sua diminuzione, e ci sono solo pochi gioiellieri di rinomanza che continuano a produrre e vendere preziosi gioielli di corallo. In passato, al corallo sono state attribuite proprietà soprannaturali, credendo che proteggesse dalle forze del male. Una reputazione simile è attribuita a uno dei più famosi amuleti sardi, Su Coccu, una piccola sfera di onice nera circondata da due decorazioni d’argento, che si dice abbia la capacità di assorbire le forze oscure.

In varie parti della Sardegna, la tradizione dell’artigianato del ricamo a mano è ancora viva, anche se diventa sempre più rara. In passato, questa forma d’arte era comune tra le donne locali, ma oggi è mantenuta solo in alcuni centri. Nel sud, a Teulada, si producono raffinati tovaglioli, mentre a Bosa, a ovest, si realizzano veli e merletti unici, e ad Oliena gli ricami sono arricchiti con perline e fili d’oro o argento. Oltre a pregiati scialli, coperte, tovaglie e cuscini, è possibile ammirare questa arte tessile nei costumi tradizionali durante importanti festività come Sant’Efisio a Cagliari, la Cavalcata Sarda a Sassari, le celebrazioni del Redentore a Nuoro o durante i festival primaverili e autunnali. I motivi per il ricamo includono fiori, animali, stelle, figure e edifici.

Il ricamo si collega naturalmente a un altro tradizionale mestiere artistico sardo: la tessitura. Esistono due principali tipologie di telai utilizzati per la produzione di tessuti. Il telaio orizzontale è diffuso, in particolare nei comuni di Atzara, Bonorva, Busachi, Ittiri, Paulilatino, Samugheo, Montiferro e Villamassargia, ed è utilizzato per la produzione di tappeti e coperte in cotone, lana e lino. Il telaio verticale è più antico e viene utilizzato principalmente nella storica regione della Barbagia, nei comuni di Gadoni, Nule, Orune, Sarule e Tonara, dove vengono prodotti tappeti più piccoli e colorati. Una delle tecniche di tessitura più diffuse è la cosiddetta “Pibiones”, che si ottiene con un particolare tipo di nodi che creano motivi distintivi. Questa tecnica è presente su arazzi, borse da sella, coperte e tappeti.

Infine, non si può trascurare il settore della lavorazione della pietra, così fondamentale per le prime popolazioni che abitarono l’isola e che ha lasciato più di 7000 costruzioni in pietra nuragiche, migliaia di tombe scavate nella roccia e strutture monolitiche. Questa tradizione della lavorazione della pietra è ancora presente oggi, e la granito gallurese, estratto qui, viene esportato come materiale prezioso in tutto il mondo.

Complessivamente, le varie arti e mestieri in Sardegna riflettono non solo la ricca storia e cultura dell’isola, ma anche la capacità della comunità di preservare e sviluppare le tradizionali abilità artigianali.